Rifugi, bivacchi e baite delle Apuane: intervista ad Antonio Cordiviola
Tra le cime dei Monti della Luna, dove le Alpi Apuane si fanno più selvagge e affascinanti, nasce un libro che colma un vuoto importante nella bibliografia dedicata a questo straordinario territorio: “Rifugi, bivacchi e baite delle Apuane”, pubblicato da Editrice Apuana.
Ne abbiamo parlato con l’autore Antonio Cordiviola, carrarino, tecnico esperto nel settore lapideo e appassionato frequentatore delle Apuane. Presidente della sezione CAI di Pietrasanta, Cordiviola ha unito la sua esperienza tecnica all’amore per la montagna, dando vita a un volume che è insieme guida, racconto e testimonianza.
Origine del progetto
D. Ciao Antonio, Com’è nata l’idea di raccogliere e raccontare in un volume tutti i rifugi, i bivacchi e le baite delle Apuane?
R. «La guida è nata per due ragioni che devono essere poste su piani diversi. La prima è stata la grande occasione di colmare un vuoto bibliografico importante per le Alpi Apuane, perché prima d’ora — e aggiungerei quasi incredibilmente — non era ancora stata realizzata una pubblicazione che trattasse in modo specifico e organico delle strutture ricettive all’interno del Parco delle Apuane.
Peccando di un po’ di vanità, l’idea di lasciare un segno con un volume di questo tipo è stata una motivazione forte. Tengo però a precisare che il libro non comprende tutte le strutture ricettive: in fase di elaborazione abbiamo scelto di includere solo quelle rivolte prevalentemente a escursionisti e alpinisti, distanti dai centri abitati e situate su sentieri CAI o collegati ad essi.
Sono rimasti fuori, ad esempio, gli agriturismi: non per demerito, ma perché non rientravano nei nostri parametri.
La seconda ragione, più profonda, è l’amore per le Apuane: queste montagne mi hanno dato tanto in termini di crescita personale, felicità ed emozioni. Con questo libro ho voluto restituire una piccola parte di ciò che ho ricevuto, promuovendo la straordinarietà del territorio attraverso ciò che di più sostenibile esiste: i rifugi, i bivacchi e le baite.»
La seconda ragione, più profonda, è l’amore per le Apuane: queste montagne mi hanno dato tanto in termini di crescita personale, felicità ed emozioni. Con questo libro ho voluto restituire una piccola parte di ciò che ho ricevuto, promuovendo la straordinarietà del territorio attraverso ciò che di più sostenibile esiste: i rifugi, i bivacchi e le baite.»
Ricerca sul campo
D. Durante la fase di raccolta dati, quali sono state le maggiori difficoltà o le sorprese che non ti aspettavi di incontrare?
R. «La cosa che più mi ha sorpreso è stata vedere come, dopo un iniziale momento di diffidenza, le persone coinvolte abbiano iniziato a convergere verso un obiettivo comune. Cresceva la voglia di raccontarsi, di riconoscersi in una storia condivisa, con le stesse problematiche da affrontare.
Il momento più bello è stato il pranzo di presentazione a Levigliani, prima dell’uscita ufficiale del libro: lì abbiamo capito che tutti si sentivano parte del progetto.
È stata un’esperienza molto appagante, che mi ha arricchito come persona. Quando ho proposto l’idea a Luca Galeazzi di SEA Editrice, sembrava incredibile che nessuno avesse mai pensato di raccogliere tutte le strutture in un unico volume. Quando ci siamo resi conto di essere i primi, abbiamo trovato un entusiasmo che ci ha accompagnato fino alla pubblicazione.
Il libro ha superato anche le nostre aspettative, tanto che l’editore ha deciso di inserirlo nella stessa collana di Apuane e Apuane 2, opere storiche di Enzo Maestripieri e Claudio Bocchi.
La parte più difficile? Scegliere chi escludere. Da oltre trenta strutture iniziali siamo arrivati a ventitré, seguendo criteri precisi ma non senza qualche polemica e pressione. È stato un lavoro di selezione complesso, ma necessario per garantire coerenza e qualità.»
Curiosità e aneddoti dai rifugi apuani
D:Curiosità – C’è stato qualche rifugio che ti ha colpito in modo particolare per la sua storia, per la posizione o per un incontro fatto lungo il cammino?
R. «Se mi soffermassi a parlare di un singolo rifugio sarebbe una mancanza di rispetto per tutti gli altri, per due semplici ragioni. La prima è che ognuno di essi, dal più maestoso al più modesto, dal più recente al più antico, ha una storia da raccontare e delle persone dietro che hanno lottato e speso energie per farlo nascere e mantenerlo in vita. La seconda è che ogni rifugio è presidio di un pezzo di territorio, con le proprie tradizioni e particolarità.
Mi sono emozionato in ogni visita, e tutte le persone con cui ho parlato mi hanno trasmesso una parte di sé, della loro esperienza e della loro passione per la montagna. È stato questo, in fondo, il valore più grande del progetto.»
D:Puoi condividere un episodio divertente, emozionante o insolito capitato durante le tue visite ai rifugi?
R. «Ci tengo particolarmente a dedicare questa risposta a una persona straordinaria che ho conosciuto durante la raccolta delle testimonianze sul campo: Fabio Beconcini, fisioterapista, fotografo, blogger e grande appassionato di natura e di Apuane. Gestisce il sito www.latoscanadifabio.it, che vi aiuterà a capire meglio il personaggio.
Mi trovavo al Rifugio Alto Matanna, in difficoltà perché non riuscivo a superare la naturale riservatezza di Alberto, il gestore. Ero già alla terza visita e avevo concluso poco. Quel giorno portai con me una copia del mio romanzo “Nessun altro luogo al mondo” per dimostrare che il mio progetto era serio, e che come autore avevo un minimo di credibilità.
Nell’attesa, iniziai a parlare con Fabio: si interessò prima al romanzo, poi al progetto del libro sui rifugi, e capì subito la mia buona fede e l’importanza che Alberto desse la sua testimonianza. Con gioia scoprii che Fabio era amico della famiglia del rifugista, con un legame profondo costruito negli anni.
Gli bastarono poche parole – “Suvvia Alberto, devi raccontargli qualcosa a questo ragazzo” (generosissimo appellativo, ride) – per abbattere ogni barriera e far nascere un dialogo che poi si è trasformato in una bella amicizia. Da quel giorno sono orgoglioso di aver stretto un rapporto sincero con entrambi.»
Il valore della memoria
D:Quanto è importante, secondo te, preservare e tramandare la memoria dei rifugi e delle persone che li hanno gestiti nel tempo?
R. «Preservare e tramandare la memoria dei rifugi e di chi li ha gestiti è fondamentale per molti motivi. Innanzitutto, perché queste strutture rappresentano testimonianze storiche e culturali: raccontano le tradizioni locali, le sfide affrontate dalle comunità di montagna e le storie di convivenza e solidarietà.
Ricordare chi ha gestito questi spazi significa riconoscere il valore del lavoro volontario, delle iniziative di accoglienza e dell’impegno di chi ha dedicato tempo ed energie per aiutare gli altri.
Inoltre, la memoria dei rifugi è una fonte di ispirazione per le nuove generazioni, perché rafforza il senso di appartenenza e la responsabilità verso il territorio. Tramandare queste storie serve a mantenere vivi valori come solidarietà, altruismo e ospitalità, elementi essenziali per costruire comunità coese e consapevoli.
Infine, ricordare il passato aiuta anche a migliorare le pratiche di gestione e accoglienza del futuro, rendendole più rispettose e umane. È un atto di rispetto, educazione e gratitudine verso chi, tra queste montagne, ci ha insegnato a guardare più in alto.»
Valore attuale
D:Come vedi oggi il ruolo dei rifugi apuani per gli escursionisti, gli alpinisti e più in generale per chi frequenta la montagna?
R:La montagna è una scuola di vita perché ci insegna a riconoscere i nostri limiti, ad apprezzare la semplicità e a riscoprire la bellezza delle piccole cose: un sentiero, un fiore, un tramonto. Oggi la montagna deve essere accessibile a tutti — ma qual è il prezzo di questa accessibilità?
Nel periodo post-pandemico stiamo assistendo a una crescita importante del numero di frequentatori, e questo ci impone una responsabilità: come soci del CAI e come cittadini che amano questa terra, dobbiamo diffondere una cultura consapevole della montagna anche tra i nuovi visitatori. Sono “ospiti inconsapevoli”, spesso “diversamente educati”, che vanno accompagnati verso un approccio più rispettoso e sostenibile.
È successo anche in passato: basti pensare alle condizioni del Rifugio Garnerone, quando la chiave era lasciata a disposizione di tutti. Ma oggi la leggerezza con cui si vive la montagna è diventata quasi una consuetudine. Come scrive Nicol Pech, la montagna rischia di diventare “un format”: vista mozzafiato, colazione ad alta quota, panino gourmet. Così si banalizza ciò che dovrebbe invece insegnare silenzio, attenzione, ascolto.
La montagna non va consumata, va vissuta. Serve una cultura che non insegua nuovi servizi ma che riscopra il valore della sobrietà e del rispetto. Occasioni come questa — offerte dal blog e dal confronto tra appassionati — sono preziose per ricordare che conservare la montagna nel miglior modo possibile comincia dai piccoli gesti quotidiani di chi la frequenta con cuore e consapevolezza.
Messaggio per i lettori
D:Cosa vorresti che chi acquista e legge questo libro portasse con sé, oltre alle informazioni pratiche?
R:Per comprendere davvero questo lavoro, bisogna considerare due piani distinti. Da un lato, il libro è un resoconto tecnico e storico delle strutture ricettive del territorio: rifugi, bivacchi e baite con le loro origini, caratteristiche e peculiarità. Alcuni sono nati come rifugi, altri sono stati adattati nel tempo. In questo senso, il testo traccia un filo ideale che unisce la storia dei luoghi al sacrificio e alla dedizione delle persone che li hanno costruiti, sostenuti e oggi li gestiscono.
Ma c’è un secondo livello, più profondo: questo libro non racconta solo luoghi, ma persone. Uomini e donne che con passione, amore e sacrificio hanno dato anima alle strutture, trasformandole in spazi vivi e accoglienti. Dietro ogni muro ci sono racconti, confidenze, archivi pieni di ricordi e vite che si intrecciano con la montagna.
La ricchezza delle storie personali è ciò che ha reso questa esperienza indimenticabile: ha dato vita a un racconto che va oltre la guida, diventando un ritratto autentico del patrimonio umano e territoriale delle Alpi Apuane.
Collaborazioni future
D:Ci puoi anticipare se hai in mente altri progetti legati alla montagna o alle Apuane?
Non so se per merito o per colpa di questo libro, ma dentro di me è cresciuto il desiderio di continuare a contribuire alla salvaguardia del territorio. La candidatura al Consiglio Direttivo del CAI di Pietrasanta è stato l’inizio di un nuovo percorso, diverso da quello editoriale ma ugualmente stimolante. Da maggio 2025 ricopro con orgoglio la carica di Presidente di Sezione, un ruolo che mi sprona ogni giorno a fare di più.
Sul fronte editoriale, abbiamo presentato al Parco Regionale delle Alpi Apuane un progetto dedicato alla definizione e allo sviluppo dell’Alta Via delle Apuane, un lavoro che intendo portare avanti coinvolgendo guide abilitate e professionisti del territorio per offrire un servizio di accompagnamento di qualità.
Non posso ancora svelare i dettagli, ma entro poche settimane spero di poter ufficializzare questa nuova collaborazione, che rappresenterà un ulteriore passo nel mio impegno per la montagna e per chi la ama davvero.
🏔️ Un invito personale Se anche tu vuoi scoprire da vicino i luoghi raccontati da Antonio Cordiviola, ti invito a partecipare alla Traversata delle Alpi Apuane, un’esperienza unica che attraversa alcune tra le vette più affascinanti del Parco e tocca rifugi iconici e ricchi di storia. Un’occasione per vivere la montagna autentica, tra meraviglie naturali, panorami straordinari e soste nei rifugi che custodiscono l’anima più vera delle Apuane.
Massimiliano Ceragioli
Massimiliano Ceragioli, Guida Ambientale Escursionistica e appassionato di montagna dove svolge molteplici attività: scialpinismo, cascate di ghiaccio, arrampicata e alpinismo d’alta quota. La passione per la montagna da sempre lo ha accompagnato lungo le sue vie in ogni stagione dell’anno e l'ha portato a diventare Guida Ambientale e a svolgere anche attività come tecnico del Soccorso Alpino Nazionale.
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